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La Sentenza della Corte di Strasburgo e le telecamere nascoste sui luoghi di lavoro

 

La Corte di Strasburgo dice si all’installazione delle telecamere nascoste sui luoghi di lavoro. La sentenza, risalente allo scorso 17 ottobre, nega la violazione dei diritti alla privacy dei lavoratori.

 

L’uso delle telecamere senza informativa e consenso dei lavoratori deve essere però giustificato dal ragionevole timore che i dipendenti abbiano commesso degli illeciti contro il patrimonio aziendale.

 

 

Il caso

Il caso che ha portato alla conferma della liceità delle telecamere nascoste sui luoghi di lavoro riguarda un supermercato di Barcellona.

Nel 2009 il titolare dell’azienda aveva il dubbio che all’interno tra i suoi dipendenti qualcuno stesse compiendo dei furti, perché le scorte di magazzino erano inferiori a quanto riportato dallo stock e dai tabulati.

Infatti la quantità di merce venduta non corrispondeva con le scorte.

L’azienda aveva riscontrato un aumento delle perdite per un totale di circa 82 mila euro.

Poiché non si riusciva a trovare una spiegazione plausibile iniziò a farsi largo il dubbio che i dipendenti stessero accingendo illegalmente al patrimonio aziendale. 

 

Dunque sempre più disperati i dirigenti decisero di installare delle telecamere nascoste o spycameras proprio sulle casse del supermercato in questione.  

Dopo 10 giorni di monitoraggio i fautori dei continui furti vennero così colti in flagrante e licenziati. 

Gli ex dipendenti però decisero di fare causa all’azienda per aver violato il loro diritto alla privacy, poiché l’installazione delle telecamere non aveva preceduto alcuna richiesta d’autorizzazione.

 

 

Il Tribunale spagnolo, di seguito la Corte di Strasburgo, però ha respinto le loro accuse per l’inesistente contrasto con la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

L’installazione di telecamere nascoste sui luoghi di lavoro infatti erano giustificate dal sospetto, poi confermato, che i furti fossero commessi internamente all’azienda da parte degli stessi dipendenti.

La Sentenza sottolinea tra l’altro che :

  • il monitoraggio dei lavoratori era avvenuto per un periodo limitato di giorni, per cogliere nel fragrante i colpevoli e non per controllare l’operato dei dipendenti;
  • le immagini non riguardavano l’intero supermercato;
  • la supervisione delle immagini era seguita solo da un numero limitato di persone tra i responsabili e con chiare finalità.

Pertanto l’autorizzazione per l’installazione di telecamere in questo caso non era affatto obbligatoria.

 

 

Quali sono però i limiti dell’installazione di telecamere sui luoghi di lavoro?

Abbiamo visto che non sussiste alcun reato nell’installare delle telecamere nascoste sui luoghi di lavoro, purché questa non sia una prassi.

In Italia lo stesso Garante per la Privacy ha voluto sottolineare i limiti di questo provvedimento. 

Infatti dobbiamo ricordare che il Regolamento Europeo 2016/679 afferma che l’installazione delle telecamere sui luoghi di lavoro deve rispettare il principio di proporzionalità, ossia lo scopo deve essere proporzionale al tipo di trattamento dati:

secondo l’articolo 11, comma 1, lett. d, i dati personali e le modalità riguardanti il loro trattamento devono essere pertinenti e non eccedere rispetto alle finalità perseguite.

E’ questo un requisito fondamentale, perché si possono riprendere i dipendenti senza alcun obbligo di comunicazione solo in caso di determinati presupposti.

Deve essere comunque garantita la privacy dei dipendenti non coinvolti attraverso la circoscrizione delle riprese alla zona in cui si pensa possano avvenire eventuali furti o illeciti.

Altra conditio sine qua non riguarda il limitare le riprese ad un determinato arco temporale atto a scovare i colpevoli.

 

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